I poeti siculo-toscani

I poeti siculo-toscani: poetica e tematiche dei componimenti letterari.

Innanzitutto va chiarito perché poeti siculo-toscani? Si trattava di letterati borghesi in prevalenza toscani: arezzini, lucchesi, pisani, senesi e ovviamente fiorentini. Più che altro sono considerati come un gruppo di rimatori di transizione fra i ‘siciliani’ e gli ‘stilnovisti’, ma tutti vicini all’esperienza multiculturale di Federico II e del suo regno.
La loro attività poetica testimonia una lingua in continua evoluzione. Le molteplici innovazioni metriche e stilistiche lo confermano. La lingua dei poeti siculo toscani si è detto che è artificiale ovvero costruita grazie al riuso, non di rado ironistico e parodistico, di formule ormai sclerotizzate della tradizione provenzale e francese.
Chi sono i protagonisti di questa poetica? Sicuramente non può essere dimenticato Guittone D’Arezzo. (1235-1294) Ne fu il massimo esponente soprattutto nell’ambito della lirica cortese e morale. Grazie a Guittone tra l’altro è possibile capire alcuni componimenti letterari danteschi.
Come opera Guittone D’Arezzo? Fu acuto conoscitore della tradizione gallo-romanza, inoltre forte e la sua denuncia per quegli ideali cortesi. per cui se ne distacca cercandola di superare con l’arma dell’ironia.
Lo stile del poeta è si potrebbe dire aspro e sottile, e spesso converge nell’esaltazione mistica, tra l’altro evidente dopo la ‘conversione’ del 1265.
Sul piano politico diviene il primo e più coerente sostenitore della supremazia morale e culturale di Firenze nella toscana del duecento.
Postilla: è noto l’accanimento di Dante verso l’arentino. L’avversione può essere spiegata perché Guittone restò un ingombrante modello da emulare, della cui influenza egli non riuscì mai a liberarsene completamente. La produzione del rimatore d’arezzo è sterminata e comprende cinquanta canzoni, duecentocinquanta sonetti e trentasei lettere in prosa poetica.
Come letterato, Brunetto Latini, morto alla fine del duecento (1294) fu certamente fra i maggiori retori e prosatori del suo tempo. La sua opera in versi non si limita al Tesoretto o al Favolello ma comprende anche una canzonetta di gusto arcaico e sicilianeggiante.
Molto particolare invece è la storia di Compiuta Donzella. La voce ostentatamente femminile nascosta sotto lo pseudonimo di Compiuta Donzella creò scandalo nella toscana duecentesca. Molti rimatori fiorentini, da Mastro Torrigiano a Rinuccino, si sentirono in dovere di inviarle dei sonetti. Uno di questi componimenti addirittura è attribuito a Guido Guinizzelli. Non si può escludere affermano molti studiosi che un rimatore fiorentino abbia voluto burlarsi di loro, assumendo i panni di una donna.
Comunque sia Compiuta Donzella fu abilissima rimatrice e scrittrice di versi, esperta di retorica, e con un forte gusto per l’ironia.
Per quanto riguarda la produzione, Chiaro Davanzati morto nel 1303 non è certo inferiore ai suoi predecessori, ma anche per ciò che concerne i risultati poetici e la cultura letteraria. Egli costituisce un innegabile punto di riferimento stilistico per molti rimatori del trecento fiorentino, anche per gli stilnovisti. Chiaro Davanzati contribuì a svincolare la canzone dall’imperante modello provenzale, privilegiando l’uso della stanza di tutti endecasillabi.
Molto importante fu anche Monte Andrea nato a Firenze. La sua poetica costituisce il punto d’arrivo della sperimentazione prestilnovistica, e comprende undici canzoni e oltre un centinaio di sonetti. Trae ispirazione da Guittone sul piano delle scelte stilistiche.
Per ciò che concerne il pisano Panuccio dal Bagno, fu il più fecondo rimatore pisano. Suo maestro anche per lui fu Guittone d’Arezzo, di cui però non condivise le scelte politiche né l’intransigenza morale. La sua produzione poetica e caratterizzata da dodici canzoni, e di un totale di ventidue componimenti.
Ritornando a Guittone d’Arezzo è opportuno dire che fu personaggio alquanto problematico. Sappiamo che Guittone d’arezzo fra il 1261 e il 1266 diviene “Fra Guittone” ed è con molta probabilità l’inventore della ballata sacra. Di lui si hanno a disposizione anche delle laude. Tuttavia il patrimonio letterario che da lui abbiamo ereditato consta di 50 canzoni e 251 sonetti.
Proprio su Guittone si parla di una prima fase e di una seconda fase. Una prima fase che è quella antecedente alla conversione, in totale disaccordo con la morale cristiana, emerge forte il sarcasmo dei suoi componimenti, nonché diventa aspra la denuncia per l’amor cortese.
Dopo la conversione, è forte nella sua letteratura l’esigenza di abbandonare i piaceri terreni, e di elevarsi alla spiritualità. La polemica morale diviene sempre più forte, ma cambia anche il suo pubblico.

Guittone d’Arezzo: analisi e commento del sonetto: “ Ben saccio de vertà che ‘l meo trovare”

Ben saccio de vertà che ‘l meo trovare
val poco, e à ragion de men valere
poi ch’eo non posso in quel loco intrare
ch’adorna l’om de gioia e de savere

E non departo d’a la porta stare
Pregando che, per amor Deo, mi deggia aprere:
allora alcuna voce audir me pare
dicendome ch’eo sia di bon sofrere

Ed eo sofert’ò tanto lungamente
che devisa’ de me tutto piacere
e tutto ciò ched era in me valente:
perch’eo rechiamo e chero lo savere

di ciascun om ch’è prode e canoscente
e l’aiuto del meo grande spiacere

Si tratta di uno sonetto di Guittone d’Arezzo con schema rimatico ABAB, ABAB; CBC, BCB. Abbiamo sia rime derivative che rime ricche.
La rima ricca è quella rima in cui si ha l’identità di uno o più suoni precedenti l’ultima vocale tonica (sentero/altero). Molto usata nella poesia francese. Fa parte di quel gruppo di RIME TECNICHE, ovvero le rime genericamente arricchite da un’estensione all’indietro del segmento identico prima dell’ultima vocale tonica del verso (rima ricca) o complicate da forme aggiuntive di relazione fra le parole che rimano (rima grammaticale ed equivoca) o da alterazione dell’accento e della divisione delle parole (rima composta ed equivoca contraffatta).
La rima derivativa è quella fra due parole di cui una deriva dall’altra: DEGNA/DISDEGNA; QUESTE MEMBRA/TI RIMEMBRA.

In questo sonetto ancora rilevante è il topos del canto d’amore. Insistente infatti il fatto che Guittone voglia entrare nella camera da letto di Madonna, che abbiamo già visto che vuol dire “mia donna”. Nel terzo verso infatti Guittone dice “poi ch’eo non posso in quel loco entrare”. L’esplicito riferimento alla camera da letto della sua donna.
Il tema dell’amore è molto forte in questo sonetto, quasi spasmodico, ricercato con tutte le forze, attraverso il poetare del rimatore che non esita a voler sottostostare al giogo che l’amore comporta per entrare in quel mondo di passioni che adorna “l’om de gioia e de savere”. Il primo verso è interessantissimo a riprova di quanto detto, il poeta dice che il suo poetare vale poco, e si chiede a cosa possa servire se non può entrare in quella stanza? E’ evidente come il suo rimare debba servire ad entrare nelle grazie della sua donna.
Ricorrente inoltre il tema della sofferenza e della solitudine, dove Guittone dice di rimanere accanto alla porta, e supplicherà la sua donna finché non lo farà entrare: “ e non departo d’à la porta stare, pregando che, per amor Deo, mi deggia aprere”.
Più esplicito quando dice di aver sopportato a lungo la sua sofferenza, la quale ha allontanato da lui ogni valore ed ogni piacere, pertanto invoca l’uomo affinché lo soccorra per la sofferenza che sta provando.

Compiuta Donzella: analisi e commento del sonetto “A la stagion che ‘l mondo foglia e flora”

A la stagion che ‘l mondo foglia e fiora
acresce gioia a tut’ i fin’ amanti:
vanno insieme a li giardini alora
che gli ausceletti fanno dolzi canti;

la franca gente tutta s’inamora,
e di servir ciascun trages’ inanti,
ed ogni damigella in gioia dimora;
e me, n’abandon marimenti e pianti.

Ca lo mio padre m’à messa ‘n erore
e tenetemi sovente in forte doglia:
donar mi vole a mia forza segnore,
ed io di ciò non ò disio né voglia,
e ‘n gran tormento vivo a tute l’ore;
però non mi ralegra fior ne foglia.

Si tratta di un un sonetto a schema bipartito ABAB, ABAB, CDC,DCD.
Secondo degli studi effettuati, l’armonia del sonetto dipende da una buona conoscenza delle regole retoriche dell’expolitio “di pensiero”, più o meno scolasticamente applicate. Il componimento si presenta come una sorta di chanson de toìle rovesciata, nella quale all’amor “profano” è preferito quello divino.

Abbiamo già parlato dell’enigmatica storia di Compiuta Donzella, secondo alcuni la prima poetessa italiana a comporre versi in volgare, secondo altri sotto lo pseudonimo di Compiuta Donzella si cela un uomo, difficilmente identificabile.
Il sonetto invece è un sonetto che tratta ancora una volta della tematica dell’amore. In dettaglio, già nel primo verso “ A la stagion che ‘l mondo foglia e fiora “ dice che nella stagione dove il mondo rinasce, aumenta negli amanti il desiderio di liberarsi alla passione.
Sempre nel primo verso è da notare “ foglia e flora” (mette foglie e fiori). E’ un motivo della poesia trobadorica, che fu ripreso dai siciliani ed è ripetuto in un incipit di maestro Rinuccino.
Evidente nei primi quattro versi la metafora con la primavera, la stagione in cui gli uccelli emettono un canto melodioso.
Così come è evidente come nella seconda quartina il tono del sonetto cambi. Compiuta Donzella esplicita una sorta di paragone tra il suo amore e quello degli amanti, dove la gente, gli amanti migliorati dall’amore ( “la franca gente” ) offrono il proprio contributo all’amore. Di pari passo vi è l’infelicità del rimatore o della rimatrice perché è impossibilitata a seguire il suo amore, la sua passione. Il padre la sta facendo soffrire, l’ha messa in una situazione dolorosa “Ca lo mio padre m’à messa ‘n erore”, e vuole darla in sposa ad un marito che lei non vuole. Anche questo è un topos molto ricorrente. Ne è pieno il Decameron.
Il “messa n’errore” al verso nove (mi ha messa in una situazione dolorosa) è un sintagma caro ai poeti siciliani.