Analisi, commento e parafrasi de la “Preghiera alla madre” di Umberto Saba (da Il Canzoniere)

Madre che ho fatto soffrire
(cantava un merlo alla finestra, il giorno
abbassava, sì acuta era la pena
che morte a entrambi io m’invocavo) madre
ieri in tomba obliata,
oggi rinata; presenza,
che dal fondo dilaga quasi vena
d’acqua, cui dura forza reprimeva,
e una mano le toglie abile o incauta
l’impedimento;
presaga gioia io sento
il tuo ritorno, madre mia che ho fatto,
come un buon figlio amoroso, soffrire.
Pacificata in me ripeti antichi
moniti vani. E il tuo soggiorno un verde
giardino io penso, ove con te riprendere
può a conversare l’anima fanciulla,
inebbriarsi del tuo mesto viso,
sì che l’ali vi perda come al lume
una farfalla. È un sogno,
un mesto sogno; ed io lo so. Ma giungere
vorrei dove sei giunta, entrare dove
tu sei entrata
ho tanta gioia e tanta stanchezza!
farmi, o madre,
come una macchia dalla terra nata,
che in sé la terra riassorbe ed annulla.

PARAFRASI
Metro: affine a una canzone libera, con versi settenari, quinari, endecasillabi liberamente alternati, strofe disuguali, con irregolare disegno di rime.
4. abbassava: stava declinando.
10-12. cui: che. e…..impedimento:tipicamente sabiana questa ambiguità. La mano che toglie l’impedimento e libera l’acqua può anche essere incauta, se si pensa che questo ritorno della morte porta con sé e comunica al poeta un desiderio di morte; e può essere abile in quanto portatrice d’una gioia.
16-17. Pacificata: col figlio che non la fa più soffrire. Moniti: le esortazioni d’un giorno, che il figlio non ascoltava.
23-25. giungere….entrata:cioè nella morte.
26-27. la vita è questa unione di gioia e stanchezza, ma entrambe fanno desiderare la fine, l’annullamento, la pace.
28. farmi: sottintende il precedente vorrei.


Breve commento

La psicoanalisi per Saba fu un incontro importante, che tuttavia si inserì su una matura esperienza di vita e di dolore, non la determinò, né la coartò verso esiti più o meno scientifici o didascalici. Così in questa lirica si può avvertire la volontà di regressione a uno stato prenatale: di un ritorno alla, o meglio nella, madre in una coincidenza totale di eros e desiderio di morte; tutti i motivi ben esplorati della psicoanalisi. E tuttavia ciò che il lettore avverte non è una teoria, ma una sofferenza esistenziale profonda, il contrasto tra vita e morte, intesa quest’ultima, come del resto diceva Freud, come “bisogno di instaurare unità sempre più grandi”, di uscire dall’isolamento e dal limite individualistico; che protende nostalgicamente il poeta verso la “calda vita” di tutti. tale almeno appare in questo dettato spoglio di enfasi e così intimo, voce di un’autentica mestizia del cuore, d’una radice remota d’infelicità che esso ritrova in sé.