LE ODI

Contemporanea al romanzo dell’angoscia di Jacopo e ai Sonetti che prolungano in più composta armonia la complessa risonanza spirituale, è la composizione delle Odi, serena esaltazione della bellezza, scritte, la prima, A Luigia Pallavicina caduta da cavallo, nel 1800, la seconda, All’amica risanata, nel 1802, ma pubblicate in edizione definitiva nel 1803, insieme coi sonetti. Sin dal primo maturare della poesia foscoliana, vediamo così strettamente connessi i suoi due temi fondamentali: da un lato, l’ansia romantica, la passione protesa alla conquista, alla combattiva affermazione nella storia dei più alti valori spirituali, che culminerà nei Sepolcri; dall’altro la nostalgia di un mondo di classica bellezza e di armonia serenatrice, che sarà il motivo centrale delle Grazie. Le Odi sono un inno alla bellezza, sempre minacciata e sempre risorgente, confortatrice dell’aspra vicenda del vivere. Essa è sentita come l’apparire sensibile di un universale e segreta armonia dell’universo, che lo spirito intravede dietro il vorticoso mutare delle forme e dell’esistenza; verso di essa il poeta si protende, esprimendo la volontà di superare le contraddizioni del proprio animo. Il Foscolo rivelava così la sua aspirazione a una composta armonia di spirito e di affetti, seguendo la suggestione del Neoclassicismo. Ma romantica è la nostalgia con cui vive il suo sogno, che non è più, come nei poeti neoclassici, un idillio sereno della fantasia, ma sublimazione d’una esperienza drammatica. Questo è il significato profondo dell’esaltazione della bellezza che ritroviamo nelle Odi, e che ritroveremo, ben più matura, nelle Grazie. Ma nelle Odi questo motivo si fa faticosamente strada attraverso immagini neoclassiche ancora convenzionali. Così, il rifugiarsi del poeta nel mondo antico dei vivi, sentito come un mondo di composto e intatto splendore, dà alla poesia un tono elegante  ma non sempre profondo, una luminosità un po’ fredda, una perfezione a volte astratta. La grande poesia fosco liana è sintesi di passione romantica e di classica compostezza; di <<passione divorante>>, com’egli diceva, e di <<pacata meditazione>>. Solo a tratti ci è dato nelle Odi di ritrovare questo equilibrio; certo più nella seconda, nella quale appare un altro mito fondamentale del Foscolo, quello della poesia fondatrice ed esternatrice dei valori umani.

A Luigia Pallavicina caduta da cavallo

Il Foscolo compose quest’ode nel 1800, quando era a Genova, capitano dell’esercito napoleonico, comandato dal Massena e assediato dagli austro – russi. Lo spunto è dato da un fatto di cronaca: una gentildonna, Luigia Pallavicini, cadde da cavallo ed ebbe il viso sfigurato. Ma il dramma è escluso dal sereno fluire dell’ode; il poeta trasferisce l’evento contingente in un’aura favolosa e remota: il mito di Adone, simbolo della caducità della bellezza individuale, e quello di Artemide, simbolo dell’eternità della bellezza universale, lo innalzano a un significato più alto. Il Foscolo  celebra qui non una donna, ma la bellezza espressione d’una suprema armonia del mondo, come abbiamo visto; ma solo a tratti riesce a sollevarsi dal tono settecentescamente galante a una più profonda significazione.

All’amica risanata

L’ode, scritta nel 1802, in occasione della guarigione da una malattia di Antonietta Fagnani Arese, amata appassionatamente dal Foscolo, ripropone, come quella precedente, il tema della bellezza sempre minacciata e sempre risorgente, e del suo valore altissimo di consolatrice della vita umana. Anche qui, il motivo contingente rimane un semplice spunto: non Antonietta canta il poeta, che proprio in quel tempo deludeva il suo amore, ma l’idea pura della bellezza che s’incarna via via nelle singole donne, e l’amore, sentito come contemplazione estatica di essa, come un elevarsi alla torbida seduzione dei sensi a una luce di pura idealità. Ma nell’ode compare anche un altro tema che resterà, per il Foscolo, fondamentale: quello della poesia eternatrice, che sublima, liberandoli dall’irreparabile caducità del nostro vivere, la bellezza e i più alti valori umani. Poeticamente l’ode è superiore alla prima. Le reminescenze mitologiche non esprimono soltanto il nostalgico amore di un antico mondo di favole belle, ma il riconoscimento della funzione che, secondo il Foscolo, la poesia ha assoluto nei secoli: quella di illuminare la vita.