Analisi e commento de L’Ultimo Sogno di Giovanni Pascoli. (da Myricae)

Da un immoto fragor di carrïaggi
ferrei, moventi verso l’infinito
tra schiocchi acuti e fremiti selvaggi…
un silenzio improvviso. Ero guarito.

Era spirato il nembo del mio male
in un alito. Un muovere di ciglia;
e vidi la mia madre al capezzale:
io la guardava senza meraviglia.

Libero!… inerte sì, forse, quand’io
le mani al petto sciogliere volessi:
ma non volevo. Udivasi un fruscio
sottile, assiduo, quasi di cipressi;

quasi d’un fiume che cercasse il mare
inesistente, in un immenso piano:
io ne seguiva il vano sussurrare,
sempre lo stesso, sempre più lontano.

E’ la lirica conclusiva di Myricae e uno dei più importanti esiti simbolistici dell’opera pasco liana; e per simbolismo intendiamo essenzialmente reversibilità e compresenza di significazioni implicite della parola. Essa riflette, in questo, l’intreccio dei vari piani della realtà, in virtù delle “corrispondenze” d’un universo fluido, che l’uomo coglie solo attraverso parvenze labili. Il sogno della scorsa notte o quello conclusivo d’una vita che è tutta parvenza di sogno? E qual è l’oggetto del sogno? La guarigione di una malattia fisica o dell’animo, quale potrebbe essere l’odio, la violenza suscitatogli nell’animo dal male subito, che cede ora alla rassegnazione? O non è piuttosto l’estinzione della brama del vivere, della febbre di affermazione del proprio io a provocare ora la pace di questo ritorno alla madre, di questo sogno regressivo, che fonda una nuova vita così simile alla morte? Questa interpretazione sembra la più esatta, anche per la somiglianza fra questa e a lirica For Annie di E. A. Poe, che certo il P. ebbe presente, dove il poeta americano ritrova una pace analoga, essendo passata <<la febbre chiamata “vivere”. Non è chiaro, infine, se quella madre che il pascoli trova proprio al capezzale sia sognata in questa o in un'altra esistenza. Ma ormai abbiamo visto che i vari significati piuttosto che escludersi, si richiamano e si compenetrano, in una reversibilità simbolico dove il sogno non esclude la realtà e la vita non esclude la morte. Soffermiamoci ancora sulla conclusione. La pace ritrova è una vita – non vita, una rinuncia alla vita per dedicarsi, in una sorta di ascesi, alla contemplazione poetica, che consiste nella compartecipazione esistenziale al mistero dell’essere. La vita appare come un fiume che va verso un mare paradossalmente inesistente: un sussurro vano che si perde nel tutto – nulla dell’ignoto.

Si tratta di una poesia di quattro quartine con versi ABAB che si ripetono. Quale è quel sogno ultimo dell'uomo dopo il quale si finisce di sognare? Siamo su un orizzonte, quello tra la vita e la morte, dove al rumore di una vita sognata si sostituisce il silenzio. Il permanente fragore di schiocchi e fremiti, si esaurisce all'improvviso. La corsa verso l'infinito è finita: come l'alito su una finestra che scompare, così il male si dilegua. Anche i suoni della poesia si addolciscono nella rima ciglia – meraviglia che accompagna la visione della madre, da tempo morta.
La seconda quartina è solo contemplazione: un lento movimento delle palpebre dischiude la visione dell'estrema pietà di una madre presente al capezzale. Una Pietà quieta, non sofferente: forse un'eco dell'archetipo della ricongiunzione ai propri cari, che da sempre permea l'animo umano.
Ma la calma della morte non ha affatto un significato negativo, l'ultimo sogno non è un precipizio nel vuoto: ecco l'aggettivo del riscatto: Libero!
Una nuova illuminazione, con una parola quasi fanciullesca, libero dopo una corsa difficile, libero finalmente da qualsiasi affanno, persino dalla figura materna che viene contemplata ma non abbracciata, libero da ogni volontà. Al contrario, è un nuovo percorso, una vita nuova e misteriosamente indefinita: un fiume che si muove verso l'infinito, senza alcun ostacolo. L'affanno della vita precedente è annullato, ora siamo su un nuovo mondo, dove non esistono carriaggi ferrei che ci trasportano, desideri e passioni che quasi ci schiavizzano. Siamo in balia del fruscio di un fiume, così leggero che sembra un alito di vento, un suono indefinito, un sussurro misterioso e vago che si perde nell'ignoto.
Ecco allora che siamo nell'ultimo sogno, libero dalle passioni, libero dalle figure che ci seguono fino alla solitudine estrema. E' un sogno di libertà, l'ultimo sogno dell'uomo.