Analisi e commento di “Commiato” di Giovanni Pascoli (Da I canti di Castelvecchio)

Una stella sbocciò nell’aria.
Le risplendé nelle pupille.
Su la campagna solitaria
tremava il pianto delle squille.
—È ora, o figlio, ora ch’io vada.
Sono stata con te lunghe ore.
Tra questi bussi è la mia strada;
la tua, tra quelle acacie in fiore.
Sii buono e forte, o figlio mio:
va dove t’aspettano. Addio!
. . . Venir con te? Ma non è dato!
Sai pure: m’han cacciata via.
Ci fu chi non mi volle allato
nel mondo, così larga via;
chi non permise che, sai pure,
stessi con le mie creature.
. . . Tu venir qui ? Viene chi muore . . .
E tu vuoi dunque venir qui.
Sei stanco: è vero ? Hai male al cuore.
Quel male l’ebbi anch’io, Zvanî!
È un male che non fa dormire;
ma che alfine poi fa morire—
Si chiudevano i casolari.
Cresceva l’ombra delle cose.
Ancor tra i lontani filari
traspariva color di rose.
—Ma dimmi, o madre, dimmi almeno,
se nel tramonto del suo giorno
tuo figlio si deve sereno
preparare per un ritorno!
se ciò che qualcuno ci prende,
v’è qualch’altro che ce lo rende!
Ricorderò quella preghiera
con quei gesti e segni soavi:
tuo figlio risarà qual era
allora che glieli insegnavi:
s’abbraccerà tutto all’altare:
ma fa che ritorni a sperare!
A sperare e ora e nell’ora
così bella se a te conduce!
O madre, fa ch’io creda ancora
in ciò ch’è amore, in ciò ch’è luce!
O madre, a me non dire, Addio,
se di là è, se teco è Dio!—
Sfioriva il crepuscolo stanco.
Cadeva dal cielo rugiada.
Non c’era avanti me, che il bianco
della silenziosa strada.

Centrali, nella sezione dei Canti di Castelvecchio intitolata il ritorno a S. Mauro, sono tre le poesie dedicate all’incontro con la madre, Casa mia, Mia madre e Commiato che ne è la conclusione. Ha qui la rappresentazione di quel colloquio del poeta dei suoi morti, che è materia di molte sue liriche. Le sventure domestiche rimasero sempre per il Pascoli l’emblema dell’inesplicabilità angosciosa della vita, l’espressione della sua ansia tormentosa e insoddisfatta di una fede che giustificasse la morte e il dolore. La conclusione di Commiato, con quel senso di angoscia metafisica, d’un buio implacabile nel quale s’infrangono e domande ansiose sul perché della vita, riconduce all’esperienza centrale, poetica e umana, del Pascoli

METRO: tre quartine di novenari (ABAB) che contengono l’esile trama narrativa della visione e la sua ambientazione fantastica e suggestiva, inframezzate da due gruppi di tre sestine di novenari (ABABCC) che contengono le parole della madre e del poeta. I novenari hanno una misura ritmica e una caduta d’accenti nuova, rispetto alla tradizione, soprattutto nella parte dialogata.

V2. Le: al fantasma della madre, già evocato nelle due liriche precedenti del gruppo. Questa e le altre due quartine sono il momento liricamente più alto della poesia: lo sbocciare d’una stella avviva le pupille della morta, le dà uno slancio alla vita, prima che ella precipiti ancora nel nulla, e il pianto tremulo e mesto delle campane nell’ora di notte, quando si prega per i defunti, aumenta il senso di solitudine e di silenzio della campagna-

v.7-8. Tra..fiore: Ella deve ripercorrere la via del camposanto, segnata dalle piccole siepi di bosso; il figlio deve tornare su quella fra le acacie fiorite, simbolo della vita
v.10: dove t’aspettano: allude alle sorelle
v11. Venir…te: ripete la domanda rivoltale accoratamente dal figlio
v13. e sgg. La madre di Pascoli morì di dolore un anno dopo la morte del marito; anche la sua morte fu dunque implicitamente voluta e causata dall’assassinio del padre del poeta.
V20. Zvanì: diminutivo dialettale del nome Giovanni. Il discorso della madre si svolge su toni teneri e accorati, e inoltre volutamente antiletterari, propri di un’intimità familiare. Anche il ritmo del verso tende a dare il senso d’un parlato…
v.27-44.: La risposta del poeta è un’accorata e quasi disperata invocazione alla madre perché gli ridoni la ingenua fede religiosa che aveva da fanciullo e che ora ha perduto. Essa solo potrebbe dargli conforto, presentandogli la morte come il ricongiungimento con le persone care e rendergli la certezza dell’esistenza di Dio che giustifichi il dolore e la morte.
V28-30: se..ritorno: se, ora che è giunto alla vecchiaia, tramonto della vita, il poeta possa serenamente prepararsi alla morte, sentita come ritorno alle origini dello stesso vivere
V31-32. Il Pascoli pensa ad un’altra vita, nella quale la presente angoscia si riscatti in gioa
V39-40: nell’ora della morte, così bella se riconduce a te
v. 45-48. Quest’ultima quartina, dopo l’ansia di una fede, presente nelle tre strofe precedenti, riconduce il Pascoli all’angosciosa perplessità di fronte al mistero che non s’illumina.

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